Come ho già detto, da un po' di tempo mi sono avvicinato alla pratica della meditazione. è successo per una serie di motivi disparati e concomitanti.
Così, durante le mie ricerche per capirci qualcosa di più, ad un certo punto sono incappato in una descrizione scientifica della faccenda.
In sostanza nell'ambito delle neuroscienze è stata individuata l'attività elettrica del cervello ed, attraverso grafici, è stata rappresentata così:
ONDE BETA (14-30 Hz): sono caratteristiche dello stato di veglia e di vigilanza. Le più frequenti nello svolgimento delle azioni quotidiane.
ONDE ALFA (8-14 Hz): sempre stato vigile, ma rilassato. Ad esempio nei momenti di concentrazione o di introspezione.
ONDE THETA (4-8 Hz): sono quelle che delinenano la meditazione profonda, gli stati ipnotici o anche visualizzazioni intense.
ONDE DELTA (0,5-4 Hz): sono le onde tipiche del sonno profondo, nel quale la mente conscia scompare ed emerge l'inconscio.
Durante la giornata accade di produrre un po' tutte queste onde e naturalmente non ci si fa troppo caso.
Quindi, durante la giornata si passa spesso da uno stato di coscienza all'altro e con la pratica della meditazione si impara a traghettare la propria attività cerebrale verso le onde theta così da entrare in uno stato particolare di coscienza, che presenta un sacco di benefici (ad esempio nella riduzione dello stress,nella sincronizzazione degli emisferi cerebrali, nell'equilibrio emotivo e blablaaltrecose...).
ecco. dopo questa "scoperta" fu tutto più chiaro.
Se non altro a livello teorico.
mercoledì 24 aprile 2013
giovedì 18 aprile 2013
mercoledì 17 aprile 2013
mercoledì 10 aprile 2013
lunedì 8 aprile 2013
New Gig @ Osteria Croce Bianca
Finalmente torno a mettere un po' di musica all'Osteria Croce Bianca, che è un po' la mia seconda casa.
giovedì 4 aprile 2013
Della consapevolezza
Cos'è la consapevolezza? Io personalmente ci ho messo veramente molto tempo a rispondere a questa domanda (e tuttora l'esperienza continua ad arricchirne il significato). Ma il brano che riporto qui sotto, tratto da "Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita" del bravo Giulio Cesare Giacobbe illustra in maniera esaustiva e brillante il concetto nei suoi aspetti fondamentali.
Leggendo il brano si potrà anche trovare una risposta alla domanda: "Perchè diavolo dovrei perdere tempo a capire cosa si intende per consapevolezza?"
La consapevolezza è un processo in cui una parte della percezione ha come proprio oggetto la restante parte della percezione. Ossia un processo in cui la percezione percepisce se stessa.
Infatti, se tu sei consapevole delle tue sensazioni, delle tue emozioni e dei tuoi pensieri, sono essi a essere l'oggetto principale della tua percezione e non i loro rispettivi oggetti.
È in pratica il cervello che osserva se stesso, anzi il proprio stesso funzionamento.
Mi spiego meglio.
Se io percepisco un cavallo (non ha importanza se si tratta di una sensazione o di una immaginazione, ossia se il cavallo c'è davvero, davanti a me, o se me lo immagino soltanto), questa percezione, o processo percettivo, è composta di tre subpercezioni: 1) la percezione del cavallo come si presenta a me oggettivamente: oggetto percepito; 2) la percezione della reazione emotiva che io ho nei confronti del cavallo (ad esempio, di paura): contesto percettivo; 3) la percezione di me stesso, ossia l'autoimmagine che ho in quel momento di me stesso (ad esempio di individuo in pericolo): soggetto percipiente.
Nello stato comune della percezione ordinaria l'oggetto principale della percezione è banalmente il cavallo.
In tale percezione sono tuttavia sempre presenti anche il contesto percettivo, o reazione emotiva, e la percezione dell'Io. Essi costituiscono una specie di contorno o modalità della percezione; non costituiscono però l'oggetto principale della percezione, che rimane il cavallo. L'attenzione del soggetto percipiente è cioè concentrata sul cavallo; si può dire che il « fuoco » della percezione è il cavallo. Se però il « fuoco » della percezione si sposta sul contesto percettivo o sull'immagine dell'Io, sono essi, a divenire gli oggetti principali della percezione.
Lo stato di consapevolezza consiste appunto in tale spostamento del « fuoco » della percezione.
Per meglio comprendere il processo, è opportuno crearne un modello rappresentativo.
Rappresentiamo la percezione come costituita di quattro schermi A, B, C e D, rispettivamente sovrapposti fra loro in quest'ordine: lo schermo A rappresenta l'oggetto percepito e possiamo pensarlo come uno schermo opaco bianco (come un telone cinematografico) sul) quale è proiettata l'immagine di un oggetto, ad
esempio il cavallo.
Lo schermo B rappresenta il contesto percettivo, ossia la reazione emotiva del soggetto alla vista dell'oggetto, possiamo pensarlo come uno schermo trasparente colorato (in cui il colore rappresenta l'emozione).
Lo schermo C rappresenta l'autoimmagine del soggetto, cioè l'Io o soggetto percipiente, e possiamo pensarlo anch'esso come uno schermo trasparente colorato (in cui il colore rappresenta la maggiore o minore forza dell'autoimmagine).
Lo schermo D, comprensivo di tutti i precedenti, rappresenta l'intero processo percettivo e possiamo pensarlo come uno schermo completamente trasparente privo di colorazione.
Nello stato comune della percezione ordinaria l'attenzione è focalizzata sullo schermo A: ciò non significa che gli schermi B e C non vengano percepiti, ma vengono percepiti per così dire sfocati, come avviene per i piani di una scena non messi a fuoco dall'apparecchio di ripresa. Essi tuttavia influiscono sulla lettura dell'oggetto dello schermo A in quanto lo « colorano », cioè ne determinano il significato.
Il significato dell'oggetto consiste infatti nel rapporto che il soggetto istituisce con l'oggetto in funzione del contesto.
Il significato dell'oggetto percepito è quindi determinato da: 1) la consistenza oggettiva dell'oggetto percepito («oggetto percepito»); 2) l’autoimmagine attuale dell'Io («soggetto percipiente»); 3) la reazione emotiva che l'Io ha nei confronti dell'oggetto percepito («contesto percettivo»).
Va notato che il soggetto percipiente e il contesto percettivo costituiscono il maggiore apporto alla determinazione del significato dell'oggetto percepito, mentre quest'ultimo, o meglio la sua consistenza oggettiva, gioca paradossalmente un ruolo minore, in codesta determinazione.
Un esempio può chiarire meglio il concetto.
Se l'oggetto percepito consiste in una comunicazione verbale, il suo significato è determinato da: 1) la consistenza oggettiva della comunicazione verbale, ossia il suo significato linguistico e il suo tono acustico, poniamo « Chi sei? » proferito con tono alto di voce (oggetto percepito); 2) l'immagine che il soggetto ha di se stesso in quel momento, poniamo un'immagine di individuo perseguitato (soggetto percipiente); 3) la reazione emotiva dell'Io all'oggetto percepito, poniamo l'attivazione di un programma di condizionamento di difesa, che si concreta in uno stato di tensione (contesto percettivo).
In definitiva, il significato dell'oggetto percepito che è stato determinato in questo caso è quello di minaccia. Giovanni telefona a Lucia. Lucia, non riconoscendolo, gli chiede: «Chi sei?». Giovanni si sente una merda perché è stato appena lasciato da Lucia. E con questa domanda si sente ulteriormente rifiutato da lei. « Chi vuoi che sia? » risponde. «Sono io! » Con un'aggressione di difesa a una presunta (ma non reale) aggressione. E così si interrompe la comunicazione. Questi meccanismi sono consueti nella interazione quotidiana tra gli esseri umani. E sono alla base dei nostri problemi sociali.
Non sempre il significato attribuito da un soggetto a un oggetto è reale, cioè non sempre corrisponde alla reale consistenza dell'oggetto. La nevrosi potrebbe definirsi da questo punto di vista come la cronicizzazione
dell'attribuzione di significati non reali agli oggetti da parte del soggetto nevrotico.
Nello stato di consapevolezza, l'attenzione è focalizzata sullo schermo B (primo stadio: consapevolezza della reazione emotiva, cioè del contesto percettivo), oppure sullo schermo C (secondo stadio: consapevolezza dell'immagine dell'Io, cioè del soggetto percipiente).
Ciò non significa che lo schermo A non venga percepito, ma viene percepito sfocato, in quanto il «fuoco» dell'attenzione è stato spostato dallo schermo A rispettivamente allo schermo B e allo schermo C.
Prendiamo adesso in considerazione il centro di identificazione del soggetto nella nostra rappresentazione.
Esso è di estrema importanza, perché è quello che determina precisamente lo stato percettivo del soggetto, dallo stato comune della percezione ordinaria allo stato di consapevolezza.
Vale qui la legge psicologica scoperta implicitamente dalla psicologia orientale ma ripresa esplicitamente nella psicosintesi di Roberto Assagioli:
Il centro di identificazione del soggetto è sempre situato nello «schermo» immediatamente sovrapposto a quello su cui è focalizzata l'attenzione.
Nello stato comune della percezione ordinaria, in cui l'attenzione è focalizzata sullo schermo A, il centro di identificazione del soggetto è situato in corrispondenza dello schermo B: infatti il soggetto si identifica con la propria reazione emotiva (contesto percettivo), è totalmente preso da essa.
Nel primo stadio dello stato di consapevolezza, in cui l'attenzione è focalizzata sullo schermo B, il centro di identificazione del soggetto è situato in corrispondenza dello schermo C: infatti il soggetto si identifica con il
proprio Io e osserva la propria reazione emotiva con distacco.
Nel secondo stadio dello stato di consapevolezza, in cui l'attenzione è focalizzata sullo schermo C, il centro di identificazione del soggetto è situato in corrispondenza dello schermo D: infatti il soggetto non si identifica più con il proprio Io ma con lo stesso processo percettivo. Immagine dell'Io (schermo C), reazione emotiva (schermo B), e oggetto percepito (schermo A) sono ancora percepiti, ma il soggetto non si identifica più con alcuno di essi, in particolare non si identifica più con l'Io (soggetto percipiente ordinario) e con le sue reazioni emotive: soggetto e oggetto della percezione è lo stesso processo percettivo.
A questo punto il soggetto percepisce se stesso come impersonale, come un osservatore impersonale o meglio come lo stesso atto dell'osservazione.
La consapevolezza non è una funzione sempre attiva. Anzi, per la maggior parte della nostra vita non lo è affatto.
Vi sono persone che non attivano mai questa funzione. Esse sono le persone più vicine allo stadio animale preumano. Il processo cerebrale della consapevolezza è infatti un risultato dell'evoluzione del cervello umano.
L'essere umano è comunemente in grado di attivare il processo della consapevolezza, anche se soltanto occasionalmente.
A volte, il processo della consapevolezza si attiva spontaneamente, come nel caso di un incidente grave: ti ritrovi a guardarti dall'esterno, per così dire, e ti vedi agire come se fossi un altro.
Questo fa pensare che tale processo costituisca per il nostro organismo una specie di processo di difesa, una sorta di spersonalizzazione che mettendo momentaneamente in pensione l'Io impedisce che esso subisca e introietti nell'inconscio ferite narcisistiche che ne possano compromettere l'equilibrio e quindi la sopravvivenza: una specie di valvola di sicurezza della tensione, che non deve oltrepassare il punto oltre il quale essa diviene un atto di autooffesa.
Anche il fatto che tale processo si attivi nel caso dell'assunzione di sostanze stupefacenti (non soltanto l'eroina e la morfina ma anche l'alcol e la nicotina) depone appunto per un processo cerebrale di difesa, simile all'inibizione del dolore causata dalle stesse sostanze.
Leggendo il brano si potrà anche trovare una risposta alla domanda: "Perchè diavolo dovrei perdere tempo a capire cosa si intende per consapevolezza?"
La consapevolezza è un processo in cui una parte della percezione ha come proprio oggetto la restante parte della percezione. Ossia un processo in cui la percezione percepisce se stessa.
Infatti, se tu sei consapevole delle tue sensazioni, delle tue emozioni e dei tuoi pensieri, sono essi a essere l'oggetto principale della tua percezione e non i loro rispettivi oggetti.
È in pratica il cervello che osserva se stesso, anzi il proprio stesso funzionamento.
Mi spiego meglio.
Se io percepisco un cavallo (non ha importanza se si tratta di una sensazione o di una immaginazione, ossia se il cavallo c'è davvero, davanti a me, o se me lo immagino soltanto), questa percezione, o processo percettivo, è composta di tre subpercezioni: 1) la percezione del cavallo come si presenta a me oggettivamente: oggetto percepito; 2) la percezione della reazione emotiva che io ho nei confronti del cavallo (ad esempio, di paura): contesto percettivo; 3) la percezione di me stesso, ossia l'autoimmagine che ho in quel momento di me stesso (ad esempio di individuo in pericolo): soggetto percipiente.
Nello stato comune della percezione ordinaria l'oggetto principale della percezione è banalmente il cavallo.
In tale percezione sono tuttavia sempre presenti anche il contesto percettivo, o reazione emotiva, e la percezione dell'Io. Essi costituiscono una specie di contorno o modalità della percezione; non costituiscono però l'oggetto principale della percezione, che rimane il cavallo. L'attenzione del soggetto percipiente è cioè concentrata sul cavallo; si può dire che il « fuoco » della percezione è il cavallo. Se però il « fuoco » della percezione si sposta sul contesto percettivo o sull'immagine dell'Io, sono essi, a divenire gli oggetti principali della percezione.
Lo stato di consapevolezza consiste appunto in tale spostamento del « fuoco » della percezione.
Per meglio comprendere il processo, è opportuno crearne un modello rappresentativo.
Rappresentiamo la percezione come costituita di quattro schermi A, B, C e D, rispettivamente sovrapposti fra loro in quest'ordine: lo schermo A rappresenta l'oggetto percepito e possiamo pensarlo come uno schermo opaco bianco (come un telone cinematografico) sul) quale è proiettata l'immagine di un oggetto, ad
esempio il cavallo.
Lo schermo B rappresenta il contesto percettivo, ossia la reazione emotiva del soggetto alla vista dell'oggetto, possiamo pensarlo come uno schermo trasparente colorato (in cui il colore rappresenta l'emozione).
Lo schermo C rappresenta l'autoimmagine del soggetto, cioè l'Io o soggetto percipiente, e possiamo pensarlo anch'esso come uno schermo trasparente colorato (in cui il colore rappresenta la maggiore o minore forza dell'autoimmagine).
Lo schermo D, comprensivo di tutti i precedenti, rappresenta l'intero processo percettivo e possiamo pensarlo come uno schermo completamente trasparente privo di colorazione.
Nello stato comune della percezione ordinaria l'attenzione è focalizzata sullo schermo A: ciò non significa che gli schermi B e C non vengano percepiti, ma vengono percepiti per così dire sfocati, come avviene per i piani di una scena non messi a fuoco dall'apparecchio di ripresa. Essi tuttavia influiscono sulla lettura dell'oggetto dello schermo A in quanto lo « colorano », cioè ne determinano il significato.
Il significato dell'oggetto consiste infatti nel rapporto che il soggetto istituisce con l'oggetto in funzione del contesto.
Il significato dell'oggetto percepito è quindi determinato da: 1) la consistenza oggettiva dell'oggetto percepito («oggetto percepito»); 2) l’autoimmagine attuale dell'Io («soggetto percipiente»); 3) la reazione emotiva che l'Io ha nei confronti dell'oggetto percepito («contesto percettivo»).
Va notato che il soggetto percipiente e il contesto percettivo costituiscono il maggiore apporto alla determinazione del significato dell'oggetto percepito, mentre quest'ultimo, o meglio la sua consistenza oggettiva, gioca paradossalmente un ruolo minore, in codesta determinazione.
Un esempio può chiarire meglio il concetto.
Se l'oggetto percepito consiste in una comunicazione verbale, il suo significato è determinato da: 1) la consistenza oggettiva della comunicazione verbale, ossia il suo significato linguistico e il suo tono acustico, poniamo « Chi sei? » proferito con tono alto di voce (oggetto percepito); 2) l'immagine che il soggetto ha di se stesso in quel momento, poniamo un'immagine di individuo perseguitato (soggetto percipiente); 3) la reazione emotiva dell'Io all'oggetto percepito, poniamo l'attivazione di un programma di condizionamento di difesa, che si concreta in uno stato di tensione (contesto percettivo).
In definitiva, il significato dell'oggetto percepito che è stato determinato in questo caso è quello di minaccia. Giovanni telefona a Lucia. Lucia, non riconoscendolo, gli chiede: «Chi sei?». Giovanni si sente una merda perché è stato appena lasciato da Lucia. E con questa domanda si sente ulteriormente rifiutato da lei. « Chi vuoi che sia? » risponde. «Sono io! » Con un'aggressione di difesa a una presunta (ma non reale) aggressione. E così si interrompe la comunicazione. Questi meccanismi sono consueti nella interazione quotidiana tra gli esseri umani. E sono alla base dei nostri problemi sociali.
Non sempre il significato attribuito da un soggetto a un oggetto è reale, cioè non sempre corrisponde alla reale consistenza dell'oggetto. La nevrosi potrebbe definirsi da questo punto di vista come la cronicizzazione
dell'attribuzione di significati non reali agli oggetti da parte del soggetto nevrotico.
Nello stato di consapevolezza, l'attenzione è focalizzata sullo schermo B (primo stadio: consapevolezza della reazione emotiva, cioè del contesto percettivo), oppure sullo schermo C (secondo stadio: consapevolezza dell'immagine dell'Io, cioè del soggetto percipiente).
Ciò non significa che lo schermo A non venga percepito, ma viene percepito sfocato, in quanto il «fuoco» dell'attenzione è stato spostato dallo schermo A rispettivamente allo schermo B e allo schermo C.
Prendiamo adesso in considerazione il centro di identificazione del soggetto nella nostra rappresentazione.
Esso è di estrema importanza, perché è quello che determina precisamente lo stato percettivo del soggetto, dallo stato comune della percezione ordinaria allo stato di consapevolezza.
Vale qui la legge psicologica scoperta implicitamente dalla psicologia orientale ma ripresa esplicitamente nella psicosintesi di Roberto Assagioli:
Noi siamo dominati da ciò con cui ci identifichiamo, ma dominiamo ciò con cui
non ci identifichiamo
Il centro di identificazione del soggetto è sempre situato nello «schermo» immediatamente sovrapposto a quello su cui è focalizzata l'attenzione.
Nello stato comune della percezione ordinaria, in cui l'attenzione è focalizzata sullo schermo A, il centro di identificazione del soggetto è situato in corrispondenza dello schermo B: infatti il soggetto si identifica con la propria reazione emotiva (contesto percettivo), è totalmente preso da essa.
Nel primo stadio dello stato di consapevolezza, in cui l'attenzione è focalizzata sullo schermo B, il centro di identificazione del soggetto è situato in corrispondenza dello schermo C: infatti il soggetto si identifica con il
proprio Io e osserva la propria reazione emotiva con distacco.
Nel secondo stadio dello stato di consapevolezza, in cui l'attenzione è focalizzata sullo schermo C, il centro di identificazione del soggetto è situato in corrispondenza dello schermo D: infatti il soggetto non si identifica più con il proprio Io ma con lo stesso processo percettivo. Immagine dell'Io (schermo C), reazione emotiva (schermo B), e oggetto percepito (schermo A) sono ancora percepiti, ma il soggetto non si identifica più con alcuno di essi, in particolare non si identifica più con l'Io (soggetto percipiente ordinario) e con le sue reazioni emotive: soggetto e oggetto della percezione è lo stesso processo percettivo.
A questo punto il soggetto percepisce se stesso come impersonale, come un osservatore impersonale o meglio come lo stesso atto dell'osservazione.
La consapevolezza non è una funzione sempre attiva. Anzi, per la maggior parte della nostra vita non lo è affatto.
Vi sono persone che non attivano mai questa funzione. Esse sono le persone più vicine allo stadio animale preumano. Il processo cerebrale della consapevolezza è infatti un risultato dell'evoluzione del cervello umano.
L'essere umano è comunemente in grado di attivare il processo della consapevolezza, anche se soltanto occasionalmente.
A volte, il processo della consapevolezza si attiva spontaneamente, come nel caso di un incidente grave: ti ritrovi a guardarti dall'esterno, per così dire, e ti vedi agire come se fossi un altro.
Questo fa pensare che tale processo costituisca per il nostro organismo una specie di processo di difesa, una sorta di spersonalizzazione che mettendo momentaneamente in pensione l'Io impedisce che esso subisca e introietti nell'inconscio ferite narcisistiche che ne possano compromettere l'equilibrio e quindi la sopravvivenza: una specie di valvola di sicurezza della tensione, che non deve oltrepassare il punto oltre il quale essa diviene un atto di autooffesa.
Anche il fatto che tale processo si attivi nel caso dell'assunzione di sostanze stupefacenti (non soltanto l'eroina e la morfina ma anche l'alcol e la nicotina) depone appunto per un processo cerebrale di difesa, simile all'inibizione del dolore causata dalle stesse sostanze.
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